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PENSIERI - Albero di Natale

Da dove nasce la tradizione dell'albero?

L’albero è un simbolo religioso per molti popoli, in ogni epoca e ogni latitudine è una rappresentazione del Cosmo sulla Terra. Ma ti sei mai chiesto chi ha deciso che tra i simboli della nascita di Cristo c'è una conifera? E perché la decoriamo? Questa è una breve storia dell’albero di Natale e del suo lungo viaggio dalla piazza di una piccola città tedesca fino al tuo salotto.

Dalla quercia all’abete

Il primo approccio tra cristianesimo e alberi cominciò 1400 anni fa, seicento dopo la nascita di Cristo, in una piccola città della Turingia, Geismar. Siamo nel cuore della Germania, il cristianesimo doveva ancora conquistare pienamente il suo spaz
io. Molti preferivano adorare le divinità nordiche: Thor, Odino, cose così. E se la Germania ha adottato la religione di Cristo, il merito è di un energico evangelizzatore, San Bonifacio, ancora oggi il santo patrono della nazione. Poiché i simboli valgono più delle parole, una delle sue iniziative fu sradicare quelli del nemico. Tra questi, c’era la quercia di Donar, luogo della venerazione pagana di Thor. Incurante di ogni possibile ritorsione da parte del Dio con l’ascia, San Bonifacio tagliò questa gigantesca quercia. Tra le sue radici lottava per emergere un piccolo abete. San Bonifacio decise che quell’albero sarebbe diventato il nuovo simbolo vegetale della religione cristiana in Germania.

Il gioco di Adamo ed Eva
L’albero rimase al centro del Natale in terra tedesca grazie al gioco di Adamo ed Eva: alberi da frutta venivano ricreati nelle piazze il 24 di dicembre per richiamare l’abbondanza del Giardino dell’Eden. Gli alberi erano abeti, come quello trovato da San Bonifacio tra le radici della Quercia di Thor, perché è un albero s
empreverde, un dono che gli avrebbe dato lo stesso Gesù Cristo.

Il primo albero di Natale

La tradizione ufficiale così come la conosciamo oggi è più recente, per conoscerla bisogna andare verso nord, nei paesi baltici. Tallinn oggi è la capitale dell’Estonia, nel 1411 si chiamava Reval ed era la capitale di uno stato più grande, la Livonia. Quell’anno ci fu il primo albero di Natale, posizionato nel palazzo di una confraternita, la fratellanza delle Teste Nere. Dopo averlo addobbato per tutta la durata delle festività, lo portarono nella piazza principale e gli diedero fuoco. Dopo qualche anno, l’incendio dell’albero divenne una tradizione di tutta la città: nei giorni prima del rogo era addobbato con datteri, male, noci e pretzel. La gente si ritrovava intorno a questo grande albero, si ballava, si beveva, era il centro delle celebrazioni.


Un’usanza protestante
La tradizione rimase confinata in quest’angolo d’Europa fino al diciottesimo secolo, quando era diventata comune anche nella Germania che già San Bonifacio aveva reso sensibile al richiamo dell’albero come simbolo della cristianità. Era un’usanza protestante, nel mondo cattolico è arrivata molto dopo, nell’epoca del Congresso di Vienna (1814), quando cominciò a circolare tra le varie monarchie e case reali, che poi le trasmettevano alle popolazioni.

Nel mondo cattolico

Per i cattolici, la celebrazione dell’albero aveva un significato diverso. Per i protestanti è un simbolo dello scorrere del tempo, per la Chiesa di Roma invece dell’albero si celebra il suo essere di legno, richiamo al materiale con cui era fatta la croce di Cristo. In Italia la tradizione ha cominciato a diffondersi nel Novecento ed è diventata un fenomeno di massa nel secondo dopoguerra, insieme al boom economico, che lo ha trasformato quasi in uno status symbol natalizio.

RECENSIONI - The Town

recensione di Stefano Achilli

Qualcuno ha detto che se The Departed e Heat avessero un figlio, questo sarebbe The Town. Affermazione che crea aspettative non indifferenti. "Filmetti" mica qualunque, quei due. Però non sarebbe corretto pretendere che un figlio si dimostri subito all'altezza dei genitori. Il Ben Affleck regista dovrà maturare infatti, ma non ci sono dubbi che prometta bene.

In certi momenti, The Town ricorda davvero i film prima citati e questa è la migliore lode che si possa fare alla pellicola ed al suo giovane autore. Nella cruda e realistica violenza di sparatorie e inseguimenti, alla Michael Mann. O quando Affleck cerca di fare il DiCaprio, in cerca di una prova d'attore che lo rilanci tra i grandi. Purtroppo Ben continua ad essere un po' inespressivo, forse il doppiaggio non lo aiuta, ma sorprende e convince come regista e questo ci può bastare. Nemmeno il primo Clint Eastwood brillava per espressività, tantomeno avremmo scommesso su di lui come regista. Siamo stati gravemente smentiti... e che fortuna!

The Town è un noir solido, feroce nell'azione, delicato e intelligente nei molti dialoghi. Poco originale nei contenuti, ma molto ben realizzato e arricchito da alcune ottime interpretazioni.

Voto: 7,5

RECENSIONI - Inception

Recensione di Stefano Achilli

Modesto Christopher Nolan quando si definisce un regista di blockbuster. Lo è indubbiamente, ma è forse l'unico regista vivente ad essere al contempo anche un grande autore. Se Il Cavaliere Oscuro era la prova, Inception ne è la conferma.

Con Memento, Nolan ci raccontò la fallibilità della memoria e la tendenza umana alla ricostruzione delle "parti mancanti" al fine di motivare le proprie azioni e le proprie convinzioni. In un certo senso, Inception riparte da qui: l'innesto di un'idea ed il suo potenziale devastante. Ma se Leonard era privo di memoria e faceva di queste convinzioni costruite la propria guida, qui Dom Cobb (un sempre bravissimo DiCaprio) è schiavo di ricordi che rischiano di strapparlo dalla realtà, seppur sia in grado di penetrare nella mente altrui per manipolarne le idee.

Inception è uno straordinario viaggio all'interno del subconscio, in cui la condizione stessa di realtà è costantemente messa in dubbio e molto è lasciato, con grande intelligenza, alla nostra interpretazione.

Numerose sono le tematiche (ricorrenti nella filmografia di Nolan) messe in gioco. Dal confronto con i propri fantasmi alla messa in discussione delle proprie convinzioni. Dall'interrogazione sulla moralità e sui possibili risvolti del convincere altri o se stessi di un'idea specifica (e soprattutto che questa idea sia propria), all'inganno come verità migliore.

Aldilà dei corposi contenuti, il film è costruito in maniera impeccabile. Ogni sequenza d'azione è funzionale ad una narrazione serratissima. Nel costruire tensione, in particolare, Nolan è un maestro nonostante la sua giovane età. L'uso egregio del fuori campo, già esibito ampiamente nei suoi precedenti lavori, qui acquista, letteralmente (dato il soggetto) una nuova dimensione. Il montaggio sonoro infine è semplicemente superlativo, senza scordare una menzione al cast eccellente.

Purtroppo le perfezione tecnica non comporta solo vantaggi. La sensazione è che l'enorme potenziale riflessivo sia stato in parte sacrificato al ritmo. Che dire? Forse davvero non si può avere tutto, eppure l'ultimo Batman ci era andato davvero vicino.

In conclusione, Inception è un'opera davvero notevole da guardare e riguardare per apprezzare appieno, anche se Il Cavaliere Oscuro resta probabilmente imbattuto.

Voto: 9

RECENSIONI - The American

Recensione di Stefano Achilli

Senza indugi, diciamolo subito: The American non è bello. Qualcuno disse che per fare un film serve innanzitutto una storia da raccontare. Si potrebbe essere più generici: basterebbe avere qualcosa da dire. Purtroppo, ciò è esattamente quello che manca qui. Il film di Anton Corbijn lamenta una sceneggiatura davvero debole. Pur sorvolando su personaggi inutili e terribilmente sviluppati (il prete) e situazioni poco credibili, quel che principalmente si avverte è l'assenza di contenuto, di un motivo di interesse. Il film scorre a ritmo lento, vuole giocare al noir psicologico, ma in più du un'ora e mezza riesce a raccontarci solo della vita senza pace che un killer è costretto a vivere. Ansia e paranoia sono palpabili, riconosciamo al regista i suoi meriti, ma sul piano del dialogo tutto si apre e chiude con una battuta (la più riuscita dell'intero plot): "Lei non può dubitare dell'esistenza dell'inferno; lei ci vive". Troppo poco, l'azione è sacrificata ad un'introspezione che in realtà non esiste, il risultato è noia.

Un film sostanzialmente inutile, che non sprofonda nell'insufficienza grave per la sola qualità formale. Suggestiva e poetica la regia di Corbijn, molto belle le musiche e notevole George Clooney in vesti che ormai non gli sono nuove.



Voto: 5

PENSIERI - Leggeri

Leggeri come falchi per vivere meglio

di Mauro Corona alpinista e scrittore


Nella mia vita ho avuto spesso a che fare con il vuoto, con le arrampicate, e lì è un bel guaio non essere leggeri. In montagna la leggerezza è farsi sostenere dalle correnti, come i falchi e le poiane, senza battere le ali, senza sprecare forze. Nella vita è lo stesso: quando si è leggeri, ogni corrente, ogni minima soddisfazione ci sosterrà in aria, ci terrà allegri.
Per raggiungere una leggerezza nei comportamenti e nell'umore occorre ottenerla anche fisicamente. Bisogna essere ascetici. Non prendersi troppo sul serio, essere leggeri nelle esigenze personali, non prendersela troppo quando qualcuno sbaglia una parola nei nostri confronti. Ricordando sempre che leggerezza nel comportamento non significa prendere la vita poco seriamente o vivere con la testa tra le nuvole. Significa donarci, donare agli altri. Significa di scrollarci di dosso la pesantezza, la serietà ed essere generosi, tolleranti, saper ridere e tentare di perdonare. Attribuire la pesantezza alla società moderna è un pretesto, mentre ogni individuo dovrebbe essere leggero nelle proprie vanità, nel proprio orgoglio, nelle proprie pretese. Per dire: facciamo un libro, crediamo che sia un capolavoro e vorremmo un premio. Invece bisognerebbe saper dire «ho fatto una cosa, se va, bene, altrimenti pazienza. Essere leggeri non significa essere sciocchi, ma lasciar correre l'acqua sopra di sé, come le pietre nel torrente, senza opporsi, brontolare e mugugnare sempre. In amore essere leggeri significa evitare controllo, gelosie, egocentrismo e possesso. L'amore è donazione, è silenzio. E il silenzio è leggerezza.
Leggerezza è saper accettare anche la sfortuna, senza precipitare nel tragicismo. Ma questo dipende dal l'educazione che si riceve: un bambino che cresce in una famiglia dove ogni problema diventa una tragedia, e dove si pretende sempre di più di ciò che si ha o si raggiunge, è inevitabile che presto vorrà andarsene o diventerà un adulto pesante, greve. Quindi la leggerezza va insegnata sin da piccoli, anzi: dovrebbe essere insegnata nelle scuole! Ma anche da adulti si può imparare: basterebbe fermarsi e ragionare un po'. Dialogare con il prossimo, non ritenersi indispensabili o migliori degli altri. Leggerezza è vivere, agire, tentare. Leggerezza è fatica: sembra un paradosso, ma dopo un'arrampicata, dopo una corsa, perdendo qualche chilo, viene voglia di essere più allegri, viene appetito, si dorme meglio.
Leggerezza è sobrietà negli oggetti di cui ci circondiamo, anche nelle nostre case, che invece sono piene di orpelli, di marchingegni a motore... e noi stessi diventiamo oggetti in funzione degli oggetti che dobbiamo controllare, guidare, riparare.
Leggerezza è generosità, tolleranza, disincanto. È sapersi trattenere dal suonare il clacson quando l'auto davanti a noi resta ferma qualche secondo dopo che è scattato il verde. Non assecondare e cadere nella trappola della pesantezza. Fare qualcosa per gli altri, ma senza aspettarci gratitutine o riconoscenza, perché questi sono sentimenti che si sciolgono come neve al sole. E infine, saper riconoscere le cose belle che abbiamo a portata di mano. per esempio: le montagne qui a Erto sono bellissime. Ma molti personaggi della politica e dello spettacolo preferiscono andare a Cortina o Courmayeur. Sono vittime della pesantezza della visibilità e dei luoghi comuni che fanno tendenza.
Impariamo a essere leggeri: è fondamentale per vivere meglio.

RECENSIONI - In Bruges - la coscienza dell'assassino

Ray e Ken, due killer di professione, giungono a Bruges nel Belgio. Li ha inviati lì il loro boss Harry dopo che un omicidio non è andato nel modo programmato. Ora i due debbono attendere disposizioni in una città che loro, irlandesi, non avevano mai visitato e che Ray disprezza. Mentre Ken, non solo per ingannare il tempo dell'attesa, decide di girare per le sue strade e ammirare le opere d'arte che musei e chiese racchiudono, Ray si chiude in una sorta di resistenza passiva. Ma sarà Chloe, una ragazza incontrata per caso e che ha qualche angolo oscuro nella sua vita, che farà uscire il giovane irlandese dalla sua indifferenza mettendolo in contatto con un mondo sconosciuto che non può però far velo a un'attesa che implica comunque la morte di qualcuno.
Martin McDonagh, molto noto in Gran Bretagna e Irlanda per le sue opere teatrali, ha ottenuto nel 2006 l'Oscar per il miglior cortometraggio ed ora si presenta a un più vasto pubblico con questa sua opera prima che merita una particolare attenzione.A McDonagh riesce un'impresa quasi impossibile: realizzare un film con pochissima azione senza perdere di tensione per un attimo e riuscendo a inserire attorno ai tre protagonisti numerosi personaggi secondari ma non per questo meno 'necessari' alla vicenda.

Credo che dopo la visione di questo film chiunque vorrebbe andare a visitare la citta' che da' il nome alla pellicola.si perche' Bruges diventa l'elemento cardine del film, e' molto piu' di una semplice ambientazione tanto che se fosse stato girato in un altra citta' il risultato sarebbe stato di gran lunga inferiore,alla fine si ha quasi la sensazione di esserci passati li'dalle famose "alcove".

Un film come pochi, intelligente, triste, grottesco, astuto, che al lato comico affianca quello più drammatico, riuscendo a passare da uno all’altro con estrema naturalezza e (unito alla bravura degli attori) crea una perfetta unione di poesia, leggerezza e crudezza.

Un parola va spesa, secondo me, per il lato drammatico, dove emerge la coscienza dilaniata dell'assassino, che dopo aver ucciso un bambino, è pieno di rimorsi, pentimenti e si interroga sulle conseguenze dei suoi errori, arrivando persino all'idea di uccidersi. In questo film il regista ha voluto umanizzare i "cattivi", sottolineando il fatto che il lato buono e il lato cattivo sono in ognuno di noi, e talvolta i confini tra i due si mescolano. Poi c'è il tema della redenzione, il protagonista è ossessionato dalle immagini dell'Apocalisse, e si chiede come e se verrà giudicato per le sue azioni. Secondo me in questo film i killers sono stati umanizzati in un modo originale, come originale è anche l'ambientazione nella fantastica Bruges (o cesso di Bruges, dipende dalle opinioni).

Un film da vedere, che ha il grande pregio di aver dipinto la storia in maniera quasi "teatrale" grazie all'atmosfera gotica e della cittadina belga e a i suoi abitanti.

PROPOSTE - a Teatro a Settembre

ecco le nostre proposte teatrali per il mese di settembre:

concerto:

CONCERTO IN QUINTETTO
Presso PALASHARP
Via Sant’Elia, 33 - Milano
Tel: 02 33400551
Email: info@mazdapalace.it
Il 04/09/2010

SCONCERTO
Presso PICCOLO TEATRO TEATRO STREHLER
Largo Greppi - Milano
Tel: 02 72.333.222
Email: info@piccoloteatro.org
Sito Web: www.piccoloteatro.org
Il 19/09/2010

Danza/balletto:

SERATA FORSYTHE
Presso ALLA SCALA
Piazza della Scala - Milano
Tel: 02 72003744
Email: marketing@teatroallascala.org
Sito Web: www.teatroallascala.org
Dal 06/09/2010
Al 23/09/2010

Drammatico:

LE NOTTI BIANCHE
Presso LIBERO
Via Savona,10 - Milano
Tel: 02-8323126
Fax: 02-8323264
Email: segreteria@teatrolibero.it
Sito Web: www.teatrolibero.it
Dal 29/09/2010
Al 17/10/2010

Festival/rassegna:

CHEVAL
Presso OUT OFF
Via MacMahon, 16 - Milano
Tel: 02 34532140
Fax: 02. 34532105
Email: info@teatrooutoff.it
Sito Web: www.teatrooutoff.it
Dal 19/09/2010
Al 20/09/2010

Musicale:

ATTENTI A QUEI DUE
Presso PALASHARP
Via Sant?Elia, 33 - Milano
Tel: 02 33400551
Email: info@mazdapalace.it
Il 13/09/2010

Opera:

L'OCCASIONE FA IL LADRO
Presso ALLA SCALA
Piazza della Scala - Milano
Tel: 02 72003744
Email: marketing@teatroallascala.org
Sito Web: www.teatroallascala.org
Dal 18/09/2010
Al 07/10/2010

Teatro sperimentale:

SLAVA'S SNOWSHOW
Presso PICCOLO TEATRO TEATRO STREHLER
Largo Greppi - Milano
Tel: 02 72.333.222
Email: info@piccoloteatro.org
Sito Web: www.piccoloteatro.org
Dal 28/09/2010
Al 17/10/2010

Teatrodanza:

QUATTRO
Presso CENTRO CIVICO SANDRO PERTINI
via Bologna 38 – Bresso
Tel: non disponibile
Il 17/09/2010

Non solo teatro:

CROSS ROADS
Presso COLONNE DI SAN LORENZO
Corso di Porta Ticinese - Milano
Tel: non disponibile
Dal 01/09/2010
Al 10/09/2010

PENSIERI - Una barriera chiamata muro

Nel 1961, in una grande città europea martoriata dalla guerra appena conclusa e da un clima di guerra latente sempre più oscuro, si inaugurava quello che veniva allora chiamato Barriera di Protezione Antifascista, Antifaschistischer Schutzwall, noto come Muro di Berlino. Circa trent’anni dopo esso veniva smantellato con grandi festeggiamenti che ancora oggi ricordiamo: cadeva, infatti, lo scorso anno il ventennale dalla sua “caduta”. Quel muro che ha tanto indignato noi occidentali, cittadini di un’Europa libera e democratica, e che era simbolo di odio ed oppressione, lo portiamo ancora nel cuore tanto da posizionarne una parte davanti al parlamento di tutte le nazioni europee a Bruxelles.
Nel frattempo, a cavallo tra gli anni 2002 e 2003, lo Stato di Israele inizia la costruzione di un’altra barriera, la Barriera di Sicurezza o Security Fence, ma conosciuto anche come Muro dell’Apartheid o semplicemente Muro.
Le differenze tra i due sbarramenti sono minime; entrambi avevano ed hanno lo scopo di limitare la circolazione di persone e di beni, o meglio di alcune persone e di alcuni beni. E, come ovvio che sia, anche il muro israeliano rappresenta odio ed oppressione: più volte la Comunità Internazionale si è espressa contro la costruzione di quest’ultima barriera, forte è la contrarietà da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, ma tutti questi appelli sono come grida nel deserto.
Un deserto fatto di rapporti economici, militari e strategici che la piccola Europa insieme alla grande America stringono quotidianamente con la Nazione “amica”.

Tutto questo fa si che, giorno dopo giorno, questa barriera di cemento armato prosegua, come un serpente impazzito, il suo percorso sinuoso facendosi strada tra colline e piantagioni di ulivi e includendo nell’una o nell’altra parte case, terreni e villaggi. E con la ferocia dei buldozzer che lo precedono, non si ferma davanti a case o a villaggi “pericolosi”, decide piuttosto di distruggere o semplicemente di circondare.
Non è raro, infatti, imbattersi in villaggi come Al Walaja o Qalquiliya che hanno la sfortuna di trovarsi circondati da diversi insediamenti, ovvero colonie israeliane, che prolificano in quello che, secondo gli accordi internazionali, dovrebbe essere Stato palestinese; situazione curiosa dato che non si potrebbero costruire tali insediamenti secondo la Convenzione di Ginevra, un’altra delle voci del deserto.
Una volta isolati questi paesi, il “rettile maligno” dispone gli orari di ingresso e di uscita oltre i quali è proibito muoversi, tanto che se qualcuno nella notte dovesse stare male dovrà aspettare il mattino per recarsi al più vicino ospedale al di là del muro.
Questo serpente ogni tanto decide di lasciare dei varchi nel suo ventre e a questi valichi si posizionano dei militari che controllano chi può o non può passare e a che ora.
Centinaia di palestinesi si riversano ogni mattina davanti ai chek point, controllati da soldati ventenni con mitragliatore in mano, per recarsi al lavoro e per essere respinti a casa loro. Nel frattempo, dall’altra parte, camion carichi di generi alimentari rimangono inspiegabilmente fermi fino a quando la frutta e la verdura che trasportano non diventa marcia a sufficienza.
Tutto questo mentre il serpente continua a macinare chilometri e chilometri. Ogni tanto si imbatte in qualche riserva idrica e decide che quell’acqua appartiene ad un solo padrone, disponendone gli usi ed i consumi, perché se da una parte l’acqua è necessaria per sopravvivere, dall’altra serve per irrigare verdi giardini o per riempiere profonde piscine.

A questo punto una domanda sorge spontanea: fino a quando questo serpente proseguirà nel suo cammino?
E così, mentre si festeggia l’unione dei popoli sotto una bandiera azzurra con 12 stelle, poco lontano si celebra la sua antitesi.
Nel deserto, ora, grida una nuova generazione: sono tanti bambini palestinesi, ma nemmeno loro si riescono a sentire.

IL MONDO DI LA' - storia di vite perfette


Dopo le date del nostro spettacolo
abbiamo voluto condividere con il pubblico
riflessioni, emozioni, pensieri, critiche, suggerimenti....
ecco i vostri commenti!
grazie a tutti voi!

PROPOSTE - a Teatro a Giugno

ecco le nostre proposte teatrali per il mese di giugno:

commedia:

COPPIA APERTA QUASI SPALANCATA
al Teatro Libero MILANO
link www.teatrolibero.it
dal 1 giugno 2010
al 10 giugno 2010

IO, ALFREDO E VALENTINA
al Auditorium Kolbe di Milano
link /
dal 19 giugno 2010
al 19 giugno 2010

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
al Teatro Elfo Puccini MILANO
link www.elfo.org
dal 21 giugno 2010
al 4 luglio 2010

danza/balletto:

TRITTICO NOVECENTO
al Teatro Alla Scala MILANO
link www.teatroallascala.org
dal 20 maggio 2010
al 12 giugno 2010

ROMEO E GIULIETTA
al Teatro Alla Scala MILANO
link www.teatroallascala.org
dal 25 giugno 2010
al 16 luglio 2010

drammatico:

DONNA ROSITA NUBILE
al Piccolo Teatro Grassi MILANO
link www.piccoloteatro.org
dal 1 giugno 2010
al 6 giugno 2010

festival/rassegna:

BONSAI TEATRALI - FESTIVAL DI CORTI TEATRALI
al La Scala della Vita MILANO
link /
dal 5 giugno 2010
al 6 giugno 2010

opera:

FAUST
al Teatro Alla Scala MILANO
link www.teatroallascala.org
dal 18 giugno 2010
al 5 luglio 2010

recital/musicale:

TRASFIGURATA TESTAMENTO SPIRITUALE DI UNA DRAG QUEEN IN TRE ATTI
al Teatro in Polvere di MILANO
link www.teatroinpolvere.it
dal 4 giugno 2010
al 10 giugno 2010

PROPOSTE - a Teatro a Maggio

ecco le nostre proposte teatrali per il mese di maggio:

comico:

FIORELLO SHOW - TOUR 2009/2010
al Mediolanum Forum ex DatchForum
dal 5 maggio 2010
al 6 maggio 2010
link www.forumnet.it

commedia:

IL PIACERE DELL’ONESTÀ
al Teatro Fraschini PAVIA
dal 3 maggio 2010
al 5 maggio 2010
link www.teatrofraschini.it

COMPLICI
al Teatro San Babila MILANO
dal 4 maggio 2010
al 23 maggio 2010
link www.teatrosanbabila.it

LA BAITA DEGLI SPETTRI
al Teatro Nuovo MILANO
dal 4 maggio 2010
al 9 maggio 2010
link www.teatronuovo.it

LA STRADA
al Teatro Manzoni MILANO
dal 4 maggio 2010
al 30 maggio 2010
link www.teatromanzoni.it

IL DIO BAMBINO
al Teatro Arlecchino VOGHERA
dal 4 maggio 2010
al 4 maggio 2010
link www.comune.voghera.pv.it

MAGIC PEOPLE SHOW
al Piccolo Teatro Strehler MILANO
dal 5 maggio 2010
al 15 maggio 2010
link www.piccoloteatro.org

HAPPY FAMILY
al Teatro Elfo Puccini MILANO
dal 4 maggio 2010
al 30 maggio 2010
link www.elfo.org

DA GIOVEDÌ A GIOVEDÌ
al Teatro GI.FRA. di Vigevano
dal 8 maggio 2010
al 22 maggio 2010
link www.gifravigevano.it

danza/balletto:

TRITTICO NOVECENTO
al Teatro Alla Scala MILANO
dal 20 maggio 2010
al 12 giugno 2010
link www.teatroallascala.org

dialettale:

OH VITA...OH VITA STRACA
al Teatro Cristallo di CESANO BOSCONE
dal 12 maggio 2010
al 14 maggio 2010
link www.cristallo.net

drammatico:

PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI
al Teatro Franco Parenti di Milano
dal 1 maggio 2010
al 9 maggio 2010
link www.teatrofrancoparenti.com

DONNA ROSITA NUBILE
al Piccolo Teatro Grassi MILANO
dal 14 maggio 2010
al 16 maggio 2010
link www.piccoloteatro.org

opera:

SIMON BOCCANEGRA
al Teatro Alla Scala MILANO
dal 4 maggio 2010
al 7 maggio 2010
link www.teatroallascala.org

DAS RHEINGOLD
al Teatro Alla Scala MILANO
dal 13 maggio 2010
al 29 maggio 2010
link www.teatroallascala.org

recital/musicale:

LA BELLA E LA BESTIA
al Teatro Nazionale MILANO
dal 1 maggio 2010
al 30 maggio 2010
link /

CIAO FRANKIE
al Teatro Nuovo MILANO
dal 11 maggio 2010
al 23 maggio 2010
link www.teatronuovo.it

ALADDIN IL GRAN MUSICAL
al Allianz Teatro (ex Teatro della Luna) di Assago
dal 22 maggio 2010
al 25 maggio 2010
link /

PROPOSTE - a Teatro ad Aprile

ecco le nostre proposte teatrali per il mese di aprile:

commedia:

RUMORS
al Teatro Manzoni MILANO
dal 1 aprile 2010
al 2 maggio 2010
link www.teatromanzoni.it

SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE
al Teatro Carcano MILANO
dal 13 aprile 2010
al 25 aprile 2010
link www.teatrocarcano.com

danza/balletto:

HEMINGWAY IL NAUFRAGO
al Teatro Filodrammatici MILANO
dal 8 aprile 2010
al 24 aprile 2010
link www.teatrofilodrammatici.com

drammatico:

GIUSTO LA FINE DEL MONDO
al Piccolo Teatro Grassi MILANO
dal 1 aprile 2010
al 18 aprile 2010
link www.piccoloteatro.org

musicale:

LA DIVINA COMMEDIA L'OPERA - SECONDO ALLESTIMENTO
al Teatro Nuovo MILANO
dal 6 aprile 2010
al 18 aprile 2010
link www.piccoloteatro.org

tragedia:

EDIPO RE
al Piccolo Teatro Strehler MILANO
dal 13 aprile 2010
al 30 aprile 2010
link www.piccoloteatro.org

RECENSIONI - L'Ombra del Vento

Una mattina del 1945 il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all'oblio. Qui Daniel entra in possesso del libro "maledetto" che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore e da tempo sepolti nell'anima oscura della città. Un romanzo in cui i bagliori di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.

Libro che avvince lentamente e crea una certa dipendenza, a tratti leggero altre con una certa dose di malinconia. Se si deve trovare un difetto è la trama eccessivamente artificiosa, sicuramente per depistare il lettore e dargli il sollievo di riannodare i fili alla fine.
Zafon riesce a trascinare il lettore nei meandri della vicenda, coinvolgendo un gran numero di personaggi. Arrivati ad un certo punto aumenta la voglia di sapere la verità e il crescente numero di indizi fa letteralmente divorare le pagine. Grandi alcuni personaggi, tra i quali ho apprezzato quello di Fèrmin, che conquista per la sua personalità forte, accompagnata da un aspetto gracile e da una condizione sociale misera. Questi aspetti, legati ad un ironia sottile e molto divertente, lo rendono una figura cardine e molto valida. Una lettura consigliata, per l'interesse che l'intricata vicenda fa sorgere nel lettore e per le belle caratterizzazioni che Zafon fa dell'ambiente e di alcuni personaggi.

RECENSIONI - L'Uomo nell'Ombra


L'ex Primo Ministro britannico Adam Lang è alle prese con la stesura della sua autobiografia. Dopo la tragica morte di un suo collaboratore che lo aiutava, decide di assoldare un ghostwriter che possa scrivere il libro per lui. Il ghostwriter incaricato parte quindi alla volta di Martha's Vineyard, dove Lang si è stabilito con la moglie ed il suo staff. Arrivato sull'isola, lo scrittore verrà coinvolto in un complesso gioco di potere, che metterà a rischio la sua stessa vita. The Ghost è il film che Roman Polanski ha deciso di realizzare a partire dal best seller di Robert Harris "Il Ghost Writer."

Polanski si prodiga nella regia di questo thriller a sfondo politico che si muove su solide basi narrative ed interpretative ma che si inerpica in una sceneggiatura spesso un pò lenta nel primo tempo e caratterizzata dal classico finale a sorpresa la cui soluzione sta in un rebus da decifrare e dove, curiosamente, il protagonista, una volta averlo scoperto, non ha l'accuratezza di svelarlo al momento opportuno. Un finale sorprendente, ma appunto un tantino curioso.

per vedere il trailer:

www.mymovies.it/film/2010/luomonellombra/trailer/

PENSIERI - Serve coraggio per essere felici?

Molto spesso, durante i miei frequenti viaggi in macchina, ascolto Virgin Radio. Mi è capitato così più volte, di sentire la pubblicità del programma Virgin Motel, e sono rimasta in particolare molto colpita dalle parole di uno dei suoi spot. Queste hanno suscitato in me varie riflessioni, e spunti che ho poi voluto approfondire…ma procediamo con ordine.

Queste sono le parole utilizzate da Blitch, il conduttore del Virgin Motel, nello spot in questione: “Sapete se c’è una cosa che mi da’ particolarmente fastidio sono le persone che continuano a mettersi ostacoli davanti per giustificare la loro immobilità. Chi continua a lamentarsi senza far niente per uscire da una situazione che li fa stare male. A volte mi sembra che alcuni facciano di tutto per essere infelici. E’ da vigliacchi. E’ molto più semplice essere infelici e lamentarsi che essere felici e rimboccarsi le maniche. Gli altri non mi capiscono, sono tutti contro di me, non mi succede mai niente di bello… discorsi patetici. Dietro ogni problema c’è sempre un’opportunità”.
Ho voluto provare a lanciare questa provocazione scrivendo questa frase su Yahoo Answer, una piattaforma online creata da Yahoo, all’interno della quale, suddivise per argomento, gli utenti iscritti posso trovare le risposte alle proprie domande. In questa piattaforma è possibile chiedere informazione che possono andare da dove trascorrere le vacanza, all’ingrediente segreto per la torta al cioccolato, da problemi con il PC, al testo di una canzone, da problemi personali, a riflessioni sulla vita e sull’uomo…
Ed è proprio in quest’ultima parte che ho voluto lanciare la mia provocazione: “cosa ne pensate? è vero quello che dice Blitch? e cosa pensate delle persone che si comportano così? perché fanno questo? Si tratta di paura? debolezza? codardia? O che altro?”
Dalle risposte a queste domande emerge una generale idea che tutto sommato sia effettivamente più facile, in quanto meno faticoso, rimanere nella propria infelicità che darsi da fare: “a volte l'uomo si comporta con la vita proprio come fa con la pioggia:passa il tempo ad aspettare che passi".
Mi sono poi però anche chiesta se questa pigrizia, questa fatica ad uscire da una situazione che non ci fa stare bene, non possa essere resa tale da ostacoli che noi stessi ci poniamo dinanzi, che la nostra immobilità sia data da una effettiva impossibilità a muoversi. Impossibilità creata alle volte dall’esterno oltre che da noi. E credo, che quando è il mondo che ci riserva “brutte sorprese”, siamo più facilmente in grado di reagire e lottare, perché sappiamo contro chi o contro cosa dobbiamo scontrarci. Il problema arriva quando gli ostacoli ce li mettiamo noi davanti.

Così ho posto una domanda successiva agli utenti di Yahoo Answer: “ognuno di noi deve fare i conti con i proprio limiti, e alle volte con i nostri personali ostacoli che ci impediscono di essere felici...che ci bloccano...che ci schiacciano...che ci incastrano in situazioni dalle quali è più difficile uscire che convivere... siete d'accordo? quali possono essere questi ostacoli? qual è/quali sono i vostri?”
E successivamente a questo, mi sono anche chiesta quanto coraggio sia necessario per superare questi ostacoli, e quale possa essere il ruolo dalla paura in questo caso. E soprattutto paura di cosa? Ecco la mia domanda: “Serve coraggio per essere felici? La felicità è fortuna o lavoro? può fare paura la felicità? E quali possono essere le paure legate all'essere felici e al darsi da fare per costruirsi la propria felicità?”
Ed è stato soprattutto a quest’ultima domanda che ho ottenuto più risposte, più varie e più interessanti. Eccone alcune, che esprimono alcuni punti di vista sull’argomento.
C’è chi sostiene che non sia questione di coraggio o di paura ma che occorra solo porsi traguardi obiettivamente raggiungibili ed accontentarsi di quello che si ha.
C’è chi sostiene invece che effettivamente la felicità possa far paura, che forse a farci paura sia l'idea di essere felici e che questa felicità possa finire, oppure il pensare di non meritarsela. Oppure ancora può capitare di essere ormai troppo abituati ad uno stato interiore di tristezza o arrabbiatura, che la felicità sembra strana e spaventa.
C’è chi sostiene che la felicità stessa sia coraggio. Oppure che sia solo necessario sapersi abbandonare e non contrastare per raggiungere la felicità.
Oppure ancora, c’è chi sostiene che noi siamo ciò che pensiamo di noi stessi; se noi pensiamo di essere sfortunati, malati, infelici ecc queste cose ci capiteranno veramente. Che quindi significa che possiamo essere felici se vogliamo davvero esserlo.
C’è poi chi ritiene che per raggiungere la felicità serve coraggio, fortuna, serenità, forza, fede, autostima, umiltà, intelligenza, praticità, genialità, carattere, sicurezza....

Ed infine, riporto testualmente una risposta che si trova in linea con quello che è anche il mio di pensiero…
“Sì, serve coraggio perché molto spesso per essere felici dobbiamo cambiare tante cose nella nostra vita, e il cambiamento fa paura a molti, ed è anche faticoso. Più che la paura di essere felici, io credo ci siano la paura di fallire durante la ricerca della felicità e la paura che la felicità, una volta raggiunta, si riveli diversa da come ce la immaginavamo.”

Un grazie a tutti coloro che hanno espresso la propria opinione su Yahoo Answer.

RECENSIONI - La principessa e il Ranocchio


Mentre ascolto le meravigliose note di “Fuori di Qua” de “Il Gobbo di Notre Dame” versione Disney (ogni tanto tra i quattro soliti film che trasmettano sotto Natale, c’è qualche inaspettata vecchia conoscenza che si intromette, nell’alquanto triste palinsesto televisivo di noi poveri terrestri, limitati da un digitale mica tanto rivoluzionario), in questa grigia giornata delle festività natalizie, la mia mente ritorna veloce a qualche sera fa quando andai al cinema per vedere “La Principessa e il Ranocchio”.

Una favola d’altri tempi come più non eravamo abituati dall’ avvento dell’animazione computerizzata di quella Pixar che ci fa compagnia da qualche anno, dal primo "Toy Story" all’ultimo "Up". A differenza di quelle storie sempre più adatte ad un pubblico adulto, capace di emozionarsi davanti al robottino Wall-e, ed al burbero Carl, e a storie che toccano le più svariate tematiche attuali, dalla consapevolezza ambientale, alla ricerca di uno scopo di una vita apparentemente senza valori dopo la morte di una persona cara, “La Principessa e il Ranocchio”, si fa spazio nelle sale con una storia, semplice, ricca di canzoni, di personaggi fantastici, senza pretese di spiegare ogni minimo dettaglio, ogni personaggio, ma con tutti gli elementi che caratterizzavano quelle favole, dalla “Bella Addormentata” in poi, con le quali noi grandi siamo cresciuti. Ed è perdendosi nei disegni, nei personaggi e nelle canzoni di questo film che la nostra mente, ritorna indietro, al tempo in cui, con mamma e papà, volevamo vedere e rivedere quelle videocassette (enormi scatole di plastica che riproducevano una immagine tutta disturbata) di quelle favole dove l’eroe, dopo mille peripezie, sconfiggeva il malvagio cattivo, e dove, alla fine, vivevano tutti felici e contenti.

Nessuna pretesa di qualche insegnamento sulla vita o sulla società di oggi. Erano storie semplici, per noi bambini che ci affezionavamo a quei personaggi un po’ bizzarri, ai limiti della fantasia e che imparavamo a memoria quelle canzoni senza neanche saperne il reale significato. Ne “La Principessa e il Ranocchio”, ritroviamo tutto questo, personaggi come: un coccodrillo ciccione simile a quello di Peter Pan, solo un po’ più buono e un mago cattivo come la strega di mille favole che fa breccia nella ingenuità dello sventurato principe, luoghi come una palude che ricorda la Palude del Diavolo, la tana della malvagia Medusa di Bianca e Bernie, e tante, tante canzoni jazz come quelle degli Aristogatti, il tutto condito con una storia d’amore ed un immancabile lieto fine. Un film per tutti, per i più piccini per avvicinarli a quello che era la nostra infanzia, per i più grandi, perché possano ritornare piccini, almeno per un po’.

Per vedere il trailer: http://www.mymovies.it/film/2009/laprincipessaeilranocchio/trailer/

PENSIERI - Morte e Religione

La ricorrenza della festa di “tutti i Santi” offre ogni anno parecchi spunti di riflessione, dovuti anche alla coesistenza di culture differenti, che vivono questi giorni in modi diversi. Lampante è sicuramente l’esempio relativo al sempre maggiore confronto tra quello che potremmo definire “approccio americano” e quello “europeo classico”. La ricorrenza del 31 Ottobre ha origini Celtiche. I Celti infatti festeggiavano in questa data il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo. Tale transizione, secondo le passate credenze, creava un temporale squarcio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, dando così la possibilità alle persone defunte di poter ritornare, anche solo per pochi istanti, a fare visita al mondo dei vivi. Addirittura i Celti, durante la notte del 31 Ottobre, usavano lasciare alcune pietanze sui tavoli ed una candela sempre accesa in casa in modo che i propri defunti si potessero ristorare nel corso della loro visita (da ciò deriva la luce nelle zucche, che maturano in quei giorni, e la tipica frase “dolcetto o scherzetto”). Queste credenze celtiche hanno stranamente attecchito molto in America, dove viene riproposta una loro versione un po’ modificata nella festa di Halloween.

Il calendario cristiano invece, che naturalmente ha disposto le proprie festività usando il calendario delle ricorrenze cosiddette “pagane”, ha pensato di abbandonare in parte le tradizioni celtiche dedicando comunque tale festività semplicemente al culto dei morti. Queste probabilmente sono cose che tutti bene o male sappiamo. Ma forse nessuno si è mai posto questa domanda: un islamico festeggia una festa di questo tipo? Come considera l’islam le persone defunte? Ebbene, il pormi questa domanda mi ha portato a scoprire cose abbastanza interessanti che mi hanno fatto riflettere parecchio nel corso dei giorni della festività. La religione islamica non prevede il culto dei morti. Esistono delle specie di cimiteri molto scarni, nei quali i defunti vengono seppelliti su un qualsiasi pezzo di marmo o legno sui quali venga inciso il nome, e poi non vi si torna più a visitare i propri cari.

Si ha quindi la possibilità di vedere la “tomba” del deceduto solamente nel momento della sepoltura. “I morti ormai sono morti”, questo è il concetto chiave, il fare una visita al cimitero è una pratica sconosciuta all’islam. Non voglio di certo avventurarmi in chissà quale discussione sulle religioni, che non sarei nemmeno in grado di sostenere; voglio solamente ammettere che questa differenza di atteggiamento mi ha fatto riflettere; perché noi veneriamo i nostri cari? Cosa ci spinge ad andare sulle loro tombe? A portare a loro dei fiori? A parlare con le loro foto mute, incastonate in lapidi di marmo? Forse qualcuno troverà più coerente l’atteggiamento di un islamico praticante; in effetti un vero cristiano dovrebbe considerare la morte come il ritorno dell’anima presso Dio, il corpo non ricopre quindi più nessun ruolo, non ha nessuna importanza.

Eppure io non credo che sia così, infatti ritengo che sia una cosa molto bella la visita dei propri cari al cimitero; la trovo una valorizzazione della spiritualità della persona e non una sopravvalutazione del corpo. D’altronde anche Foscolo affermava che le tombe servono certamente di più ai vivi che ai morti. Io credo che la sensazione che si prova quando si passa una spugna umida sul marmo per togliere la polvere, o quando si sistemano accuratamente i fiori nel vaso, o si strofina per bene la foto per togliere i segni delle dita, sia un qualcosa che porti grande beneficio all’animo. Perché in ogni momento ed in ogni luogo possiamo parlare con i nostri cari defunti e pregare per loro, ma non possiamo in nessun modo ed in nessun altro luogo prenderci cura di loro. Questa io la trovo la cosa più bella della nostra tradizione. Il rispetto della morte, il prenderci cura in qualche modo di chi non c’è più, il faticare per loro (non solo spendendo parole), sono cose che riempiono davvero il cuore. Ci ricorda, tramite il sudore sulla nostra fronte, quanto abbiamo amato o voluto bene alla persona che riposa nel cielo, permettendoci di condividere nuovamente con loro la nostra esistenza. E sono proprio questi gesti che rendono effettivamente reale la nostra fede, il nostro credere che quella persona ancora c’è, esiste.

In poche parole la religione cristiana ci permette di rendere servizio sempre e comunque, anche dopola morte, alle persone che ci sono care, nella totale convinzione che esse siano ancora con noi. Non so cosa penserà chi leggerà questo articolo, io davvero sono contento che la mia religione coltivi questo valore; perché è prezioso. L’uomo dovrebbe dedicare almeno un istante, ogni giorno, per pensare a quanto è breve la vita, per saperla gustare in tutte le sue colorazioni e sfaccettature; il culto dei nostri cari defunti ci aiuta certamente in questo cammino, ricordandoci che non siamo mai soli.

RECENSIONI - La fattoria degli animali di George Orwell

In questo romanzo Orwell ci propone una metafora con protagonisti come maiali, oche, cani, asini, pecore e altri animali tipicamente allevati in fattoria, per costringerci ad una profonda riflessione sulla società e i suoi valori. L'opera è diventata una lettura classica, da leggere ad ogni età e che dovrebbe essere presente in ogni biblioteca in modo particolare di tutti gli amanti non solo della lettura, ma principalmente di coloro che amano le libertà individuali e che non si piegano al conformismo. Inizialmente scritto come favola per ragazzi, questo autentico capolavoro si trasforma subito in una delle più belle ed efficaci critiche ai modelli politici totalitari. Una bellissima satira, utile a far meditare gli individui che non sono disposti a rinunciare alle proprie libertà, solo per seguire mere dottrine che promettono un avvenire pieno di rose e fiori, poi, puntualmente rimandato ad un eterno domani.

RECENSIONI - Tangerine di Ray Bradbury

Bradbury rimane un autore certamente poco pubblicizzato, se non per i romanzi più famosi, ovvero “Fahrenheit 451” e “Cronache marziane”, a mio parere due capolavori. Altri romanzi e raccolte dello stesso autore vengono tranquillamente trascurate dalla casa editrice; da ciò deriva la difficoltà che io stesso ho riscontrato nel trovare in libreria le opere di questo autore che non siano i due già citati. Con immensa gioia ho scovato “Tangerine” e non me lo sono lasciato sfuggire. E’ bene che io dica subito che per chi, come me, ha già letto i due grandi successi di Bradbury, una volta arrivati a metà libro, si inizia a presagire una forte sensazione di malinconia. Soprattutto in me ha iniziato ad affiorare il dubbio che la difficoltà nel reperire altri suoi scritti sia, in effetti, legata al loro valore. “Tangerine” è una raccolta di venticinque racconti, confezionata da Bradbury stesso. Le storie sono brevi e solitamente corrono velocemente appassionando il lettore ma lasciando l’amaro in bocca. Segnalo come migliori il racconto "Trapianto di cuore" e "Primo giorno". Mi permetto di riferire della nota finale dell’autore che rappresenta in sostanza un consiglio per i lettori che si cimentano nella lettura di questa raccolta. Bradbury consiglia di accostarsi alla lettura di questi racconti senza tentare di capire ogni cosa, senza perdersi in chissà quali ragionamenti intricati o significati nascosti. Questi racconti, infatti, vanno letti per le immagini che evocano e per le atmosfere che creano. Tuttavia vi assicuro che alcune delle storie riportate riescono a fornire spunti interessanti di riflessione, come nel caso dei due racconti citati. Concludendo mi sembra corretto ammettere di essere rimasto deluso da questa raccolta in quanto la ritengo un’opera parecchio al di sotto delle più celebri; continuo in ogni caso a leggere recensioni esaltanti su altri libri di Bradbury, che ahimè non vengono sostenuti dalla Mondadori e che effettivamente non sono riuscito a reperire presso le librerie della mia zona. Quindi, amanti di Bradbury, non disperiamo, forse riusciremo ancora a sognare con questo grande autore.