il blog dove poter dar voce a tutti i tuoi pensieri

un prezioso spazio dove ognuno puo’ esprimere se stesso!

dove poter raccontare la propria gioia, condividere le proprie riflessioni, urlare la propria rabbia

un mondo dove incontrarci, discutere, suggerire, proporre, sfogarci, e insieme emozionarci

diventa parte attiva e comunica con noi: invia i tuoi articoli, suggerisci eventi e condividi i tuoi pensieri e le tue emozioni...

RECENSIONI - L'Ombra del Vento

Una mattina del 1945 il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all'oblio. Qui Daniel entra in possesso del libro "maledetto" che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore e da tempo sepolti nell'anima oscura della città. Un romanzo in cui i bagliori di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.

Libro che avvince lentamente e crea una certa dipendenza, a tratti leggero altre con una certa dose di malinconia. Se si deve trovare un difetto è la trama eccessivamente artificiosa, sicuramente per depistare il lettore e dargli il sollievo di riannodare i fili alla fine.
Zafon riesce a trascinare il lettore nei meandri della vicenda, coinvolgendo un gran numero di personaggi. Arrivati ad un certo punto aumenta la voglia di sapere la verità e il crescente numero di indizi fa letteralmente divorare le pagine. Grandi alcuni personaggi, tra i quali ho apprezzato quello di Fèrmin, che conquista per la sua personalità forte, accompagnata da un aspetto gracile e da una condizione sociale misera. Questi aspetti, legati ad un ironia sottile e molto divertente, lo rendono una figura cardine e molto valida. Una lettura consigliata, per l'interesse che l'intricata vicenda fa sorgere nel lettore e per le belle caratterizzazioni che Zafon fa dell'ambiente e di alcuni personaggi.

RECENSIONI - L'Uomo nell'Ombra


L'ex Primo Ministro britannico Adam Lang è alle prese con la stesura della sua autobiografia. Dopo la tragica morte di un suo collaboratore che lo aiutava, decide di assoldare un ghostwriter che possa scrivere il libro per lui. Il ghostwriter incaricato parte quindi alla volta di Martha's Vineyard, dove Lang si è stabilito con la moglie ed il suo staff. Arrivato sull'isola, lo scrittore verrà coinvolto in un complesso gioco di potere, che metterà a rischio la sua stessa vita. The Ghost è il film che Roman Polanski ha deciso di realizzare a partire dal best seller di Robert Harris "Il Ghost Writer."

Polanski si prodiga nella regia di questo thriller a sfondo politico che si muove su solide basi narrative ed interpretative ma che si inerpica in una sceneggiatura spesso un pò lenta nel primo tempo e caratterizzata dal classico finale a sorpresa la cui soluzione sta in un rebus da decifrare e dove, curiosamente, il protagonista, una volta averlo scoperto, non ha l'accuratezza di svelarlo al momento opportuno. Un finale sorprendente, ma appunto un tantino curioso.

per vedere il trailer:

www.mymovies.it/film/2010/luomonellombra/trailer/

PENSIERI - Serve coraggio per essere felici?

Molto spesso, durante i miei frequenti viaggi in macchina, ascolto Virgin Radio. Mi è capitato così più volte, di sentire la pubblicità del programma Virgin Motel, e sono rimasta in particolare molto colpita dalle parole di uno dei suoi spot. Queste hanno suscitato in me varie riflessioni, e spunti che ho poi voluto approfondire…ma procediamo con ordine.

Queste sono le parole utilizzate da Blitch, il conduttore del Virgin Motel, nello spot in questione: “Sapete se c’è una cosa che mi da’ particolarmente fastidio sono le persone che continuano a mettersi ostacoli davanti per giustificare la loro immobilità. Chi continua a lamentarsi senza far niente per uscire da una situazione che li fa stare male. A volte mi sembra che alcuni facciano di tutto per essere infelici. E’ da vigliacchi. E’ molto più semplice essere infelici e lamentarsi che essere felici e rimboccarsi le maniche. Gli altri non mi capiscono, sono tutti contro di me, non mi succede mai niente di bello… discorsi patetici. Dietro ogni problema c’è sempre un’opportunità”.
Ho voluto provare a lanciare questa provocazione scrivendo questa frase su Yahoo Answer, una piattaforma online creata da Yahoo, all’interno della quale, suddivise per argomento, gli utenti iscritti posso trovare le risposte alle proprie domande. In questa piattaforma è possibile chiedere informazione che possono andare da dove trascorrere le vacanza, all’ingrediente segreto per la torta al cioccolato, da problemi con il PC, al testo di una canzone, da problemi personali, a riflessioni sulla vita e sull’uomo…
Ed è proprio in quest’ultima parte che ho voluto lanciare la mia provocazione: “cosa ne pensate? è vero quello che dice Blitch? e cosa pensate delle persone che si comportano così? perché fanno questo? Si tratta di paura? debolezza? codardia? O che altro?”
Dalle risposte a queste domande emerge una generale idea che tutto sommato sia effettivamente più facile, in quanto meno faticoso, rimanere nella propria infelicità che darsi da fare: “a volte l'uomo si comporta con la vita proprio come fa con la pioggia:passa il tempo ad aspettare che passi".
Mi sono poi però anche chiesta se questa pigrizia, questa fatica ad uscire da una situazione che non ci fa stare bene, non possa essere resa tale da ostacoli che noi stessi ci poniamo dinanzi, che la nostra immobilità sia data da una effettiva impossibilità a muoversi. Impossibilità creata alle volte dall’esterno oltre che da noi. E credo, che quando è il mondo che ci riserva “brutte sorprese”, siamo più facilmente in grado di reagire e lottare, perché sappiamo contro chi o contro cosa dobbiamo scontrarci. Il problema arriva quando gli ostacoli ce li mettiamo noi davanti.

Così ho posto una domanda successiva agli utenti di Yahoo Answer: “ognuno di noi deve fare i conti con i proprio limiti, e alle volte con i nostri personali ostacoli che ci impediscono di essere felici...che ci bloccano...che ci schiacciano...che ci incastrano in situazioni dalle quali è più difficile uscire che convivere... siete d'accordo? quali possono essere questi ostacoli? qual è/quali sono i vostri?”
E successivamente a questo, mi sono anche chiesta quanto coraggio sia necessario per superare questi ostacoli, e quale possa essere il ruolo dalla paura in questo caso. E soprattutto paura di cosa? Ecco la mia domanda: “Serve coraggio per essere felici? La felicità è fortuna o lavoro? può fare paura la felicità? E quali possono essere le paure legate all'essere felici e al darsi da fare per costruirsi la propria felicità?”
Ed è stato soprattutto a quest’ultima domanda che ho ottenuto più risposte, più varie e più interessanti. Eccone alcune, che esprimono alcuni punti di vista sull’argomento.
C’è chi sostiene che non sia questione di coraggio o di paura ma che occorra solo porsi traguardi obiettivamente raggiungibili ed accontentarsi di quello che si ha.
C’è chi sostiene invece che effettivamente la felicità possa far paura, che forse a farci paura sia l'idea di essere felici e che questa felicità possa finire, oppure il pensare di non meritarsela. Oppure ancora può capitare di essere ormai troppo abituati ad uno stato interiore di tristezza o arrabbiatura, che la felicità sembra strana e spaventa.
C’è chi sostiene che la felicità stessa sia coraggio. Oppure che sia solo necessario sapersi abbandonare e non contrastare per raggiungere la felicità.
Oppure ancora, c’è chi sostiene che noi siamo ciò che pensiamo di noi stessi; se noi pensiamo di essere sfortunati, malati, infelici ecc queste cose ci capiteranno veramente. Che quindi significa che possiamo essere felici se vogliamo davvero esserlo.
C’è poi chi ritiene che per raggiungere la felicità serve coraggio, fortuna, serenità, forza, fede, autostima, umiltà, intelligenza, praticità, genialità, carattere, sicurezza....

Ed infine, riporto testualmente una risposta che si trova in linea con quello che è anche il mio di pensiero…
“Sì, serve coraggio perché molto spesso per essere felici dobbiamo cambiare tante cose nella nostra vita, e il cambiamento fa paura a molti, ed è anche faticoso. Più che la paura di essere felici, io credo ci siano la paura di fallire durante la ricerca della felicità e la paura che la felicità, una volta raggiunta, si riveli diversa da come ce la immaginavamo.”

Un grazie a tutti coloro che hanno espresso la propria opinione su Yahoo Answer.

RECENSIONI - La principessa e il Ranocchio


Mentre ascolto le meravigliose note di “Fuori di Qua” de “Il Gobbo di Notre Dame” versione Disney (ogni tanto tra i quattro soliti film che trasmettano sotto Natale, c’è qualche inaspettata vecchia conoscenza che si intromette, nell’alquanto triste palinsesto televisivo di noi poveri terrestri, limitati da un digitale mica tanto rivoluzionario), in questa grigia giornata delle festività natalizie, la mia mente ritorna veloce a qualche sera fa quando andai al cinema per vedere “La Principessa e il Ranocchio”.

Una favola d’altri tempi come più non eravamo abituati dall’ avvento dell’animazione computerizzata di quella Pixar che ci fa compagnia da qualche anno, dal primo "Toy Story" all’ultimo "Up". A differenza di quelle storie sempre più adatte ad un pubblico adulto, capace di emozionarsi davanti al robottino Wall-e, ed al burbero Carl, e a storie che toccano le più svariate tematiche attuali, dalla consapevolezza ambientale, alla ricerca di uno scopo di una vita apparentemente senza valori dopo la morte di una persona cara, “La Principessa e il Ranocchio”, si fa spazio nelle sale con una storia, semplice, ricca di canzoni, di personaggi fantastici, senza pretese di spiegare ogni minimo dettaglio, ogni personaggio, ma con tutti gli elementi che caratterizzavano quelle favole, dalla “Bella Addormentata” in poi, con le quali noi grandi siamo cresciuti. Ed è perdendosi nei disegni, nei personaggi e nelle canzoni di questo film che la nostra mente, ritorna indietro, al tempo in cui, con mamma e papà, volevamo vedere e rivedere quelle videocassette (enormi scatole di plastica che riproducevano una immagine tutta disturbata) di quelle favole dove l’eroe, dopo mille peripezie, sconfiggeva il malvagio cattivo, e dove, alla fine, vivevano tutti felici e contenti.

Nessuna pretesa di qualche insegnamento sulla vita o sulla società di oggi. Erano storie semplici, per noi bambini che ci affezionavamo a quei personaggi un po’ bizzarri, ai limiti della fantasia e che imparavamo a memoria quelle canzoni senza neanche saperne il reale significato. Ne “La Principessa e il Ranocchio”, ritroviamo tutto questo, personaggi come: un coccodrillo ciccione simile a quello di Peter Pan, solo un po’ più buono e un mago cattivo come la strega di mille favole che fa breccia nella ingenuità dello sventurato principe, luoghi come una palude che ricorda la Palude del Diavolo, la tana della malvagia Medusa di Bianca e Bernie, e tante, tante canzoni jazz come quelle degli Aristogatti, il tutto condito con una storia d’amore ed un immancabile lieto fine. Un film per tutti, per i più piccini per avvicinarli a quello che era la nostra infanzia, per i più grandi, perché possano ritornare piccini, almeno per un po’.

Per vedere il trailer: http://www.mymovies.it/film/2009/laprincipessaeilranocchio/trailer/

PENSIERI - Morte e Religione

La ricorrenza della festa di “tutti i Santi” offre ogni anno parecchi spunti di riflessione, dovuti anche alla coesistenza di culture differenti, che vivono questi giorni in modi diversi. Lampante è sicuramente l’esempio relativo al sempre maggiore confronto tra quello che potremmo definire “approccio americano” e quello “europeo classico”. La ricorrenza del 31 Ottobre ha origini Celtiche. I Celti infatti festeggiavano in questa data il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo. Tale transizione, secondo le passate credenze, creava un temporale squarcio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, dando così la possibilità alle persone defunte di poter ritornare, anche solo per pochi istanti, a fare visita al mondo dei vivi. Addirittura i Celti, durante la notte del 31 Ottobre, usavano lasciare alcune pietanze sui tavoli ed una candela sempre accesa in casa in modo che i propri defunti si potessero ristorare nel corso della loro visita (da ciò deriva la luce nelle zucche, che maturano in quei giorni, e la tipica frase “dolcetto o scherzetto”). Queste credenze celtiche hanno stranamente attecchito molto in America, dove viene riproposta una loro versione un po’ modificata nella festa di Halloween.

Il calendario cristiano invece, che naturalmente ha disposto le proprie festività usando il calendario delle ricorrenze cosiddette “pagane”, ha pensato di abbandonare in parte le tradizioni celtiche dedicando comunque tale festività semplicemente al culto dei morti. Queste probabilmente sono cose che tutti bene o male sappiamo. Ma forse nessuno si è mai posto questa domanda: un islamico festeggia una festa di questo tipo? Come considera l’islam le persone defunte? Ebbene, il pormi questa domanda mi ha portato a scoprire cose abbastanza interessanti che mi hanno fatto riflettere parecchio nel corso dei giorni della festività. La religione islamica non prevede il culto dei morti. Esistono delle specie di cimiteri molto scarni, nei quali i defunti vengono seppelliti su un qualsiasi pezzo di marmo o legno sui quali venga inciso il nome, e poi non vi si torna più a visitare i propri cari.

Si ha quindi la possibilità di vedere la “tomba” del deceduto solamente nel momento della sepoltura. “I morti ormai sono morti”, questo è il concetto chiave, il fare una visita al cimitero è una pratica sconosciuta all’islam. Non voglio di certo avventurarmi in chissà quale discussione sulle religioni, che non sarei nemmeno in grado di sostenere; voglio solamente ammettere che questa differenza di atteggiamento mi ha fatto riflettere; perché noi veneriamo i nostri cari? Cosa ci spinge ad andare sulle loro tombe? A portare a loro dei fiori? A parlare con le loro foto mute, incastonate in lapidi di marmo? Forse qualcuno troverà più coerente l’atteggiamento di un islamico praticante; in effetti un vero cristiano dovrebbe considerare la morte come il ritorno dell’anima presso Dio, il corpo non ricopre quindi più nessun ruolo, non ha nessuna importanza.

Eppure io non credo che sia così, infatti ritengo che sia una cosa molto bella la visita dei propri cari al cimitero; la trovo una valorizzazione della spiritualità della persona e non una sopravvalutazione del corpo. D’altronde anche Foscolo affermava che le tombe servono certamente di più ai vivi che ai morti. Io credo che la sensazione che si prova quando si passa una spugna umida sul marmo per togliere la polvere, o quando si sistemano accuratamente i fiori nel vaso, o si strofina per bene la foto per togliere i segni delle dita, sia un qualcosa che porti grande beneficio all’animo. Perché in ogni momento ed in ogni luogo possiamo parlare con i nostri cari defunti e pregare per loro, ma non possiamo in nessun modo ed in nessun altro luogo prenderci cura di loro. Questa io la trovo la cosa più bella della nostra tradizione. Il rispetto della morte, il prenderci cura in qualche modo di chi non c’è più, il faticare per loro (non solo spendendo parole), sono cose che riempiono davvero il cuore. Ci ricorda, tramite il sudore sulla nostra fronte, quanto abbiamo amato o voluto bene alla persona che riposa nel cielo, permettendoci di condividere nuovamente con loro la nostra esistenza. E sono proprio questi gesti che rendono effettivamente reale la nostra fede, il nostro credere che quella persona ancora c’è, esiste.

In poche parole la religione cristiana ci permette di rendere servizio sempre e comunque, anche dopola morte, alle persone che ci sono care, nella totale convinzione che esse siano ancora con noi. Non so cosa penserà chi leggerà questo articolo, io davvero sono contento che la mia religione coltivi questo valore; perché è prezioso. L’uomo dovrebbe dedicare almeno un istante, ogni giorno, per pensare a quanto è breve la vita, per saperla gustare in tutte le sue colorazioni e sfaccettature; il culto dei nostri cari defunti ci aiuta certamente in questo cammino, ricordandoci che non siamo mai soli.

RECENSIONI - La fattoria degli animali di George Orwell

In questo romanzo Orwell ci propone una metafora con protagonisti come maiali, oche, cani, asini, pecore e altri animali tipicamente allevati in fattoria, per costringerci ad una profonda riflessione sulla società e i suoi valori. L'opera è diventata una lettura classica, da leggere ad ogni età e che dovrebbe essere presente in ogni biblioteca in modo particolare di tutti gli amanti non solo della lettura, ma principalmente di coloro che amano le libertà individuali e che non si piegano al conformismo. Inizialmente scritto come favola per ragazzi, questo autentico capolavoro si trasforma subito in una delle più belle ed efficaci critiche ai modelli politici totalitari. Una bellissima satira, utile a far meditare gli individui che non sono disposti a rinunciare alle proprie libertà, solo per seguire mere dottrine che promettono un avvenire pieno di rose e fiori, poi, puntualmente rimandato ad un eterno domani.

RECENSIONI - Tangerine di Ray Bradbury

Bradbury rimane un autore certamente poco pubblicizzato, se non per i romanzi più famosi, ovvero “Fahrenheit 451” e “Cronache marziane”, a mio parere due capolavori. Altri romanzi e raccolte dello stesso autore vengono tranquillamente trascurate dalla casa editrice; da ciò deriva la difficoltà che io stesso ho riscontrato nel trovare in libreria le opere di questo autore che non siano i due già citati. Con immensa gioia ho scovato “Tangerine” e non me lo sono lasciato sfuggire. E’ bene che io dica subito che per chi, come me, ha già letto i due grandi successi di Bradbury, una volta arrivati a metà libro, si inizia a presagire una forte sensazione di malinconia. Soprattutto in me ha iniziato ad affiorare il dubbio che la difficoltà nel reperire altri suoi scritti sia, in effetti, legata al loro valore. “Tangerine” è una raccolta di venticinque racconti, confezionata da Bradbury stesso. Le storie sono brevi e solitamente corrono velocemente appassionando il lettore ma lasciando l’amaro in bocca. Segnalo come migliori il racconto "Trapianto di cuore" e "Primo giorno". Mi permetto di riferire della nota finale dell’autore che rappresenta in sostanza un consiglio per i lettori che si cimentano nella lettura di questa raccolta. Bradbury consiglia di accostarsi alla lettura di questi racconti senza tentare di capire ogni cosa, senza perdersi in chissà quali ragionamenti intricati o significati nascosti. Questi racconti, infatti, vanno letti per le immagini che evocano e per le atmosfere che creano. Tuttavia vi assicuro che alcune delle storie riportate riescono a fornire spunti interessanti di riflessione, come nel caso dei due racconti citati. Concludendo mi sembra corretto ammettere di essere rimasto deluso da questa raccolta in quanto la ritengo un’opera parecchio al di sotto delle più celebri; continuo in ogni caso a leggere recensioni esaltanti su altri libri di Bradbury, che ahimè non vengono sostenuti dalla Mondadori e che effettivamente non sono riuscito a reperire presso le librerie della mia zona. Quindi, amanti di Bradbury, non disperiamo, forse riusciremo ancora a sognare con questo grande autore.